- Inquadramento normativo.
Il codice civile non ci fornisce una definizione dell’istituto del contratto preliminare, limitandosi a disciplinarne la forma, agli articoli 1351 e 1352 c.c., e a prevedere il rimedio dell’esecuzione in forma specifica in caso di inadempimento dell’obbligo a contrarre, all’art. 2932 c.c., nonché a disciplinarne gli aspetti pubblicitari.
Da una ricostruzione sistematica delle norme che regolano l’istituto, si può definire contratto preliminare quel contratto con cui le parti si obbligano alla stipula di un successivo contratto, detto definitivo.
Quanto al contenuto, il nostro ordinamento non prevede una disciplina specifica del contratto preliminare. E’ proprio dal rimedio di cui all’art. 2932 c.c. che se ne ricava il contenuto essenziale. In caso di inadempimento al contratto preliminare di una delle parti, la quale si rifiuti di stipulare nei termini convenuti il definitivo, l’altra parte potrà rivolgersi al giudice per chiedere l’esecuzione in forma specifica; potrà, cioè, chiedere al giudice, che ne accerterà i presupposti, di emanare una sentenza che produca gli stessi effetti del contratto non concluso. Per potersi avvalere di tale rimedio, il preliminare dovrà dunque avere il contenuto essenziale del successivo contratto definitivo, in difetto non potendosi attivare il rimedio dell’esecuzione in forma specifica.
La prassi immobiliare, sulla scorta dei moderni orientamenti dottrinali e giurisprudenziali, ha da molti anni accantonato lo schema dualistico preliminare-definitivo, adottando il c.d. “contratto preliminare di preliminare” (si rinvia agli approfondimenti dottrinali cit. a margine).
Si tratta di un’ipotesi di procedimentalizzazione del consenso in tre fasi progressive e ben distinte, con cui i contraenti danno luogo ad un primo preliminare contenente gli elementi essenziali del contratto. Successivamente, le parti si accordano anche su altri e più dettagliati elementi e stipulano un distinto contratto preliminare, che contiene tutti gli elementi rilevanti e a cui segue la stipula del definitivo.
Ciò chiarito in via del tutto preliminare, vi è ora da inquadrare la fattispecie negoziale del contratto c.d. “preliminare di preliminare”.
La prima domanda da porsi è se il contratto preliminare di preliminare sia un vero e proprio contratto, pur se atipico ex art. 1322 c.c., ovvero una semplice fase dell’iter endo-procedimentale che prelude al contratto preliminare (ex art. 1351 c.c.). Dall’inquadramento in una o nell’altra fattispecie dipenderanno i diversi strumenti a disposizione della parte che vuole avvalersene per la tutela delle proprie ragioni.
La giurisprudenza spesso si è interrogata su questo tema a più riprese, fornendoci elementi ricostruttivi e dogmatici di ricostruzione dell’istituto all’interno dei principi generali del sistema giuridico.
Nella breve disamina che segue illustreremo i passaggi giurisprudenziali più significativi in cui si arrestano i giudici di legittimità e che segnano il tracciato di un percorso non sempre lineare e univoco.
- La sentenza di Cassazione, Sez. II, del 2 aprile 2009, n. 8038 e i successivi orientamenti contrastanti.
La questione della configurabilità del c.d. contratto “preliminare di preliminare” viene affrontata per la prima volta dai Supremi Giudici nella nota sentenza del 2 aprile 2009, n. 8038.
Secondo i supremi giudici: “l’art. 2932 c.c. instaura un diretto e necessario collegamento strumentale tra il contratto preliminare e quello definitivo destinato a realizzare effettivamente il risultato finale perseguito dalle parti. Riconoscere come possibile funzione del primo anche quella di obbligarsi … ad obbligarsi a ottenere quell’effetto, darebbe luogo a una inconcludente superfetazione, non sorretta da alcun effettivo interesse meritevole di tutela secondo l’ordinamento giuridico, ben potendo l’impegno essere assunto immediatamente: non ha senso pratico il promettere ora di ancora promettere in seguito qualcosa, anziché prometterlo subito. Né sono pertinenti i contrari argomenti esposti dai ricorrenti: in parte non attengono al reciproco rapporto tra le parti del futuro contratto definitivo, ma a quelli tra ognuna di loro e l’intermediario che le ha messe in relazione, sicché non riguardano il tema in discussione; per il resto prospettano l’ipotesi di un preliminare già riferentesi al definitivo e da rinnovare poi con un altro analogo negozio “formale”, il che rappresenta una fattispecie diversa da quella del “pre-preliminare”, di cui si è ritenuta in sede di merito l’avvenuta realizzazione nella specie.”
Nella sentenza viene dunque esclusa la validità dell’accordo raggiunto dalle parti, avendo i giudici ritenuto che esse si trovassero nella fase delle trattative del futuro contratto preliminare, pur se in uno stato avanzato della “puntazione”, destinata a fissare, ma senza alcun effetto vincolante, il contenuto del successivo negozio.
I punti di diritto su cui si basa la decisione della Corte sono: la nullità per mancanza di causa; l’ulteriore invalidità derivante dal superamento del limite dell’interesse negativo; la natura reale del patto in mancanza della dazione della somma in questione al momento della sottoscrizione della proposta.
A questo primo orientamento, più restrittivo, se ne contrapponeva un altro più aperto, che ammetteva una possibile tripartizione delle fasi che conducono alla stipula del definitivo, ammettendo la formazione di un accordo che contenga solo i punti essenziali del contratto definitivo come sufficiente a costituire un contratto preliminare suscettibile di esecuzione coattiva ex art. 2932 c.c. ([1])
Si rinvengono diverse decisioni dei supremi giudici secondo le quali affinché un contratto sia vincolante tra le parti è sufficiente l’intesa su tutti gli elementi essenziali dell’accordo, mentre non se ne può ravvisare la sussistenza là dove, raggiunta l’intesa su quelli essenziali, viene rimessa ad un momento successivo la disciplina degli elementi accessori ([2]).
Al contrario si possono rivenire diverse pronunce che riconoscono che nella contrattualistica emergono ipotesi in cui dietro la denominazione di “preliminare del preliminare” si ravvisino figure negoziali fra loro differenti, che delineano contratti atipici a cui corrisponde in ogni caso una “causa concreta meritevole di tutela” ([3]).
Un altro orientamento più aperto ([4]) in tema di minuta o di puntuazione del contratto, prevede che:
“Qualora l’intesa raggiunta dalle parti abbia ad oggetto un vero e proprio regolamento definitivo del rapporto non è configurabile un impegno con funzione meramente preparatoria di un futuro negozio, dovendo ritenersi formata la volontà attuale di un accordo contrattuale”.
Tale orientamento apre la strada a una nuova ipotesi, del c.d. “preliminare aperto”, e cioè di contenitore che ingloba al suo interno distinti contratti.
- Il nuovo corso giurisprudenziale: la sentenza n. 4628/2015 delle Sezioni Unite e le successive pronunce della Corte di Cassazione.
Con la sentenza in esame per la prima volta la Corte di Cassazione a Sezioni Unite offre una ricostruzione sistematica dell’istituto e segna il passo dei precedenti orientamenti aprendo un nuovo corso.
La Corte, in particolare, inizia il suo esame prendendo atto delle incertezze che hanno caratterizzato per decenni l’orientamento dottrinale e giurisprudenziale in merito all’ammissibilità del c.d. contratto preliminare di preliminare.
In particolare, l’esame della Corte evidenzia subito come le diverse opinioni sul tema, pur partendo da prospettive diverse, convergono sugli aspetti costruttivi che riconoscono la libertà ed autonomia delle parti di determinarsi nei vari passaggi contrattuali giustificati da una causa concreta.
“Le diverse opinioni coincidono dunque nel definire nulla l’intesa che si risolva in un mero obbligo di obbligarsi a produrre un vincolo che non abbia contenuto ulteriore o differenziato. Un secondo punto di convergenza si rinviene allorquando l’analisi del primo accordo conduce a ravvisare in esso i tratti del contratto preliminare, in quanto contenente gli elementi necessari per configurare tale contratto, quali, si osserva, l’indicazione delle parti, del bene promesso in vendita, del prezzo. La presenza della previsione di una ulteriore attività contrattuale può rimanere irrilevante, ma va esaminata alla luce delle pattuizioni e dei concreti interessi che sorreggono questa seconda fase negoziale.
Giovano alcune esemplificazioni:
a) Può darsi il caso che nell’accordo raggiunto sia stata semplicemente esclusa l’applicabilità dell’art. 2932 c.c.;
b) Può presentarsi l’ipotesi in cui la pattuizione della doppia fase risponda all’esigenza di una delle parti di godere del diritto di recesso, facoltà che può essere convenzionalmente prevista nel contratto preliminare e che può anche accompagnarsi alla prevista perdita di una modesta caparra penitenziale versata dal proponente l’acquisto; si tratta è stato detto, del costo del recesso da un contratto preliminare già concluso.
c) E’ ipotizzabile, ed è quanto andrà vagliato con particolare attenzione dai giudici di merito nel giudizio odierno, che le parti abbiano raggiunto un’intesa completa, subordinandola però a una condizione.”
L’ampia varietà delle ipotesi ha un comune denominatore che ne regola la casistica:
“va escluso che sia nullo il contratto che contenga la previsione della successiva stipula di un contratto preliminare, allorquando il primo accordo già contenga gli estremi del preliminare. L’assenza di causa che è stata rilevata quando si è discusso di “preliminare di preliminare” potrebbe in tali casi riguardare tutt’al più il secondo, ma non certo il primo contratto.
Dietro la stipulazione contenente la denominazione di “preliminare del preliminare” (nel senso che la conclusione dell’accordo precede la stipula del contratto preliminare) si possono dare situazioni fra loro differenti, che delineano sia figure contrattuali atipiche (quali quelle prima indicate), ma alle quali corrisponde una “causa concreta” meritevole di tutela; sia stadi prenegoziali molto avanzati, cui corrisponde un vincolo obbligatorio di carattere ancora prenegoziale (almeno fra le parti del contratto in relazione al quale si assuma un impegno volto alla successiva stipula di un contratto preliminare) che vede intensificato e meglio praticato l’obbligo di buona fede di cui all’art. 1337 c.c.”
Proseguendo il ragionamento, secondo le Sezioni Unite:
“si deve immaginare la pattuizione di un vincolo contrattuale che sia finalizzato ad ulteriori accordi e che il rifiuto di contrattare opposto nella seconda fase, se immotivato e contrario a buona fede, possa dar luogo a responsabilità contrattuale da inadempimento di un’obbligazione specifica sorta nel corso della formazione del contratto e non propriamente ex contractu.
E’ stato però osservato che si tratterebbe di ipotesi diversa da quella del preliminare di preliminare, che dovrebbe riguardare l’obbligo, assunto nella prima fase, di contrarre e non di contrattare, come invece avverrebbe quando siano state scandite solo tappe di una trattativa complessa. Si è quindi manifestata contrarietà all’ipotesi di un “preliminare aperto” – sottoscritto per lo più da parti che ancora non si conoscono o hanno deliberatamente lasciato alla seconda fase la regolazione di alcuni profili contrattuali – seguìto da un preliminare chiuso. Questa ritrosia può essere giustificata in alcuni casi, ma non in tutti.”
Si da quindi risalto a quell’orientamento autorevole che afferma di non poter giudicare come inammissibili i procedimenti contrattuali graduali, accogliendone la tesi della procedimentalizzazione delle fasi contrattuali graduali:
“Le posizioni di coloro che pongono l’alternativa “preliminare o definitivo” amputano le forme dell’autonomia privata, sia quando vogliono rintracciare ad ogni costo il contratto preliminare in qualunque accordo iniziale, sia quando ravvisano nel c.d. preliminare chiuso il contratto definitivo, passibile soltanto di riproduzione notarile.
La procedimentalizzazione della fasi contrattuali non può di per sé essere connotata da disvalore, se corrisponde a “un complesso di interessi che stanno realmente alla base dell’operazione negoziale”. E’ vero che occorre guardarsi da un uso “poco sorvegliato” dell’espressione preliminare di preliminare”, perché l’argomento nominalistico non è neutro. Tuttavia, se ci si libera dell’ipotesi in cui appare che il primo contratto è già il contratto preliminare e che il secondo è, al più, solo la sua formalizzazione per la trascrizione, restano due “sequenze” variabili che si avvicinano:
A) quella delle mere puntuazioni in cui le parti hanno solo iniziato a discutere di un possibile affare e senza alcun vincolo fissano una possibile traccia di trattative. In questa ipotesi, quanto maggiore e specifico è il contenuto, tanto più ci si avvicina al preliminare.
B) Quella in cui il contratto non è ancora un vero preliminare, ma una puntuazione vincolante sui profili in ordine ai quali l’accordo è irrevocabilmente raggiunto, restando da concordare secondo buona fede ulteriori punti. Si tratta di un iniziale accordo che non può configurarsi ancora come preliminare perché mancano elementi essenziali, ma che esclude che di quelli fissati si torni a discutere.
Questa linea interpretativa impone di vagliare caso per caso l’emergere dell’interesse delle parti”.
Da questa ampia disamina, alla luce dei principi esposti, la Suprema Corte di Cassazione accoglie il ricorso, disponendo che il giudice di rinvio si deve attere al seguente principio di diritto:
“In presenza di contrattazione preliminare relativa a compravendita immobiliare che sia scandita in due fasi, con la previsione di stipula di un contratto preliminare successiva alla conclusione di un primo accordo, il giudice di merito deve preliminarmente verificare se tale accordo costituisca già esso stesso contratto preliminare valido e suscettibile di conseguire effetti ex art. 1351 e 2932 c.c., ovvero anche soltanto effetti obbligatori ma con esclusione dell’esecuzione in forma specifica in caso di inadempimento.
Riterrà produttivo di effetti l’accordo denominato come preliminare con il quale i contraenti si obblighino alla successiva stipula di un altro contratto preliminare, soltanto qualora emerga la configurabilità dell’interesse delle parti a una formazione progressiva del contratto basata sulla differenziazione dei contenuti negoziali e sia identificabile la più ristretta area del regolamento di interessi coperta dal vincolo negoziale originato dal primo preliminare.
La violazione di tale accordo, in quanto contraria a buona fede, potrà dar luogo a responsabilità per la mancata conclusione del contratto stipulando, da qualificarsi di natura contrattuale per la rottura del rapporto obbligatorio assunto nella fase precontrattuale.”
A parere di chi scrive, i Supremi Giudici investiti della questione affermano un principio di diritto che segna una svolta nella giurisprudenza di codesta Corte: la validità del preliminare del preliminare va affermata dal giudice di merito avuto preciso riguardo alla causa concreta dell’operazione negoziale ove reputata meritevole nel caso concreto. In altri termini, il “preliminare aperto” è valido soltanto se emerge “la configurabilità dell’interesse delle parti a una formazione progressiva del contratto basata sulla differenziazione dei contenuti negoziali e sia identificabile la più ristretta area del regolamento di interessi coperta dal vincolo negoziale originato dal primo preliminare”.
Sulla scia del nuovo orientamento giurisprudenziale si collocano due successive pronunce della Corte di Cassazione: la sentenza 5 aprile – 21 maggio 2018, n. 12527 e l’ordinanza n. 31188/2019, che in applicazione del principio di diritto elaborato dal cit. leading case Cass. a Sezioni Unite n. 4628/2015, risolvono in diverso modo i casi decisi dalle diverse Corti d’Appello.
In particolare, con l’ordinanza n. 31188/2019 la Corte di Cassazione si accoglie il ricorso rinviando la cognizione alla Corte di Appello di Firenze, a cui viene prescritta l’osservanza del seguente principio di diritto:
“In presenza di contrattazione preliminare relativa a compravendita immobiliare che sia scandita in due fasi, con la previsione di stipula di un contratto preliminare successiva alla conclusione di un primo accordo, il giudice di merito deve preliminarmente verificare se tale accordo costituisca già esso stesso contratto preliminare valido e suscettibile di conseguire effetti ex art. 1351 e 2932 c.c., ovvero anche soltanto effetti obbligatori ma con esclusione dell’esecuzione in forma specifica in caso di inadempimento.”
- Prime conclusioni, in attesa di nuovi ed ulteriori sviluppi e precisazioni giurisprudenziali sugli aspetti ancora irrisolti.
In conclusione, l’orientamento della Corte Suprema che via via si è formato negli ultimi anni appare consolidarsi nel senso del riconoscimento di una procedimentalizzazione, ovvero dell’interesse delle parti ad una negoziazione a formazione progressiva dell’obbligo di contrarre. Tuttavia, i Supremi Giudici lasciano aperti ed irrisolti diversi punti, specie sulla responsabilità e i rimedi attivabili dalle parti nelle diverse fasi negoziali.
Quale tutela sarà dunque attivabile nel caso della conclusione di un contratto preliminare di preliminare?
Se il preliminare di preliminare fosse qualificabile come un contratto preliminare, sebbene progressivamente formato, sembra potersi affermare che l’inadempimento di detto contratto dovrebbe essere suscettibile di esecuzione ex art. 2932 c.c. Invece, le Sezioni Unite affermano: “Certo è però, che, in linea di massima, la previsione di dover dar vita in futuro, all’assunzione dell’obbligo contrattuale nascente dal contratto preliminare, può essere sintomatica del fatto che le parti hanno consapevolezza che la situazione non è matura per l’assunzione del vincolo contrattuale vero e proprio”. Pertanto, l’applicazione dell’art. 2932 c.c. in questa fase (contratto “preliminare di preliminare”) andrebbe oltre la volontà dei contraenti.
In questa fase, chiarisce la Corte si passa da un interesse a “contrattare” ad un interesse a “contrarre”.
In conclusione, il ragionamento della Corte porta ad affermare che in caso di violazione del preliminare del preliminare, pur incorrendo in una responsabilità di natura contrattuale, non trova applicazione il rimedio regolato all’art. 2932 c.c., bensì il giudice dovrà disporre il risarcimento del danno nei limiti dell’interesse positivo, che non è dato dall’interesse a veder concluso il contratto, come sarebbe nel caso del contratto preliminare, ma dall’affidamento in una contrattazione per come regolata nel preliminare di preliminare.
Se è così, si potrebbe affermare in ultima analisi che saremmo di fronte ad un contratto atipico ex art. 1322 c.c., come sostiene autorevole dottrina, con una sua propria causa ed autonomia. O forse più semplicemente si tratta di una manifestazione scritta di una trattativa ancora in itinere, come un’altra parte (altrettanto autorevole) della dottrina afferma?
Per approfondimenti:
In giurisprudenza:
Cass. 10.09.2009 n. 19557; Cass. sez. un. 27.03.2008 n. 7930, in Nuova giur. Civ. comm., 2008, I, 1039 ss.; Cass. 25.01.2010 n. 1296; Cass. 14.01.1988, n. 190; Trib. Napoli 20.02.1995, in Dir Giur., 1995, 463; Trib. Napoli 11.01.1994, in Dir. Giur. 1996, 501.
In dottrina:
Alcaro, Circolazione del contratto preliminare, 2011, Ipsoa.
Napoli, Il contratto preliminare di preliminare, in Riv. dir. Civ., 2010, II, 81 ss.
Mazzù, La funzione del preliminare aperto e il suo regime giuridico, in Quaderni della Fondazione Italiana per il Notariato, 2007, 4, 24 ss.
D’Ambrosio, Contratto preliminare e definitivo, contratto preparatorio e preliminare del preliminare, in Riv. not., 1980, 1546.
De Casamassimi, Contrattazione preliminare e preliminare di preliminare, in Dir. Giur., 2004, 692 e ss.
A.M. Benedetti, Autonomia privata procedimentale. La formazione del contratto fra legge e volontà delle parti, Torino, 2002;
A.M. Benedetti, Autonomia dei procedimenti formativi? La vicenda del “preliminare di preliminare”;
Romano, Introduzione allo studio del procedimento giuridico nel diritto privato, Milano, 1961;
De Matteis, La contrattazione preliminare ad effetti anticipati, Padova, 1991, 51 ss.;
Franco, Autonomia privata e procedimento nella formazione della regola contrattuale, Milano, 2012;
D’Amico, Sul cd. preliminare di preliminare, in Riv. dir. civ., 2016, 1, 40-65.
Palermo, L’atipicità dei procedimenti di formazione del contratto; in Corr. giur., 2015, 609 ss., con note di V. Carbone, Il diritto vivente dei contratti preliminari;
Festi, Il contratto preliminare di preliminare; in Nuova giur. civ. comm., 2015, I, 609 ss., con nota di G. Buset, Le sezioni unite sul preliminare di preliminare di vendita immobiliare;
In Contratti, 2015, 550 ss., con nota di V. Brizzolari, Il preliminare di preliminare: l’intervento delle sezioni unite;
In Notariato, 2015, 426 ss., con nota di R. Benigni, Le Sezioni unite sulla validità del preliminare di preliminare;
In Riv. not., 2015, 597 ss., con nota di C. Cicero, Il concetto di pre-preliminare nel procedimento di formazione del contratto “a tutele crescenti”;
In Contratti, 2009, 986 ss. con nota di F. Toschi Vespasiani, Il “preliminare di preliminare” e la “proposta di acquisto accettata”;
In Nuova giur. civ. comm., 2009, I, 998 ss., con nota di M.G. Salvadori, La validità del c.d. preliminare di preliminare: una questione non (ancora) risolta.
Capecchi, Riflessi operativi della sentenza delle Sezioni Unite sul preliminare di preliminare, in Nuova giur. civ. comm., 2015, II, 397 ss.
[1] Cass. 23949/2008; Cass. n. 2473/2013; Cass. n. 8810/2003; Cass. n. 3856/1983.
[2] Cass. 14267/2006; Cass. n. 11371/2010; Cass. n. 910/2005; Cass. n. 20701/2007.
[3] Inter alia, Cass. 14267/06; 11371/10.
[4] Cass. 2720/2009.